Una lettera aperta rivolta alle Istituzioni per riflettere sul futuro dell’isola.
Tommaso Castronovo Responsabile Rifiuti ed Economia Circolare Legambiente Sicilia spiega perchè il progetto degli inceneritori è contrario all’interesse dei siciliani e anticipa le opportunità da cogliere per la gestione “efficiente” dei rifiuti con centinaia di milioni di euro destinati alla Sicilia.
«Una pioggia di centinaia di milioni di euro cadrà nei prossimi mesi sul settore del riciclo dei rifiuti in Sicilia.
Si tratta dei finanziamenti previsti dal PNRR per recuperare il gap infrastrutturale delle regioni del sud nella gestione del ciclo dei rifiuti e per avviarci verso l’economia circolare.
Tre dei progetti recentemente finanziati per più di 90 milioni di euro riguarderanno la realizzazione di impianti pubblici di biodigestione anaerobica per il trattamento di circa 100 mila tonnellate di rifiuti organici e per la loro trasformazione in compost e produzione di biogas. Un mix perfetto per gestire la parte più consistente del rifiuto proveniente dalla raccolta differenziata – più del 40% – e renderla una risorsa preziosa che servirà a migliorare la fertilità dei nostri terreni e che allo stesso tempo sarà in grado di produrre nella nostra regione gas rinnovabile, senza dover trivellare il mar Mediterraneo o la Val di Noto o bruciare ulteriori rifiuti.
Impianti realmente utili che saranno realizzati rispettivamente a Messina, Corleone (PA) e Priolo (SR) e che si aggiungono al primo impianto di biodigestione anaerobica in Sicilia realizzato a Caltanissetta, agli altri che sono in fase di realizzazione a Marsala (TP) e a Ragusa, e ad altri ancora, previsti ma in fase autorizzativa, a Bellolampo, a Castellana Sicula, a Mazzarrà Sant’Andrea(PA).
Altri due impianti pubblici, sempre finanziati con le misure del PNRR per oltre 20 milioni di euro, potranno recuperare e riciclare quei rifiuti meno graditi nelle nostre case e che fino a qualche anno fa pensavamo impossibili da riciclare: parliamo di pannolini, pannoloni e più in generale di prodotti assorbenti.
Si tratta di oltre il 6% dei rifiuti che annualmente, proprio a causa dell’assenza di questa tipologia di impianti, conferiamo nelle discariche e che invece potranno essere trasformati in cellulosa.
Non sono quindi le risorse finanziare a mancare per recuperare il ritardo nella realizzazione di una rete impiantistica pubblica e privata a servizio della raccolta differenziata e del riciclo, anzi è proprio il contrario.
Ancora gridano vendetta i 230 milioni di euro delle misure del Patto per il SUD che sono rimasti nel cassetto del governo Musumeci e rispetto ai quali auspichiamo che il nuovo governo regionale si adoperi al fine di sbloccarli per non rischiare di perderli definitivamente.
Cosi come altri finanziamenti sono previsti nei prossimi mesi per interventi destinati al miglioramento e al potenziamento dei servizi di raccolta differenziata che dovrebbero togliere qualsiasi alibi a chi è ancora indietro nel raggiungimento del 65%, come le 4 grandi città siciliane.
Palermo è già beneficiaria di oltre 60 milioni di euro, di questi 35 sono destinati al potenziamento della raccolta differenziata che ad oggi si mantiene sotto il 15% e che, con le oltre 300 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati conferiti ogni anno in discarica, contribuisce dolosamente alla crisi ciclica dell’emergenza rifiuti.
Queste risorse dovranno essere utilizzate dai comuni per una rimodulazione dei servizi di raccolta che dovranno essere sempre più selettivi ed efficaci, per introdurre la tariffa puntuale che premia chi produce meno rifiuti, per la realizzazione dei centri di riuso e preparazione per il riutilizzo, per stimolare la creazione di un mercato dei prodotti riciclati attraverso i c.d. acquisti verdi nella fornitura di beni e servizi.
Insomma, ci sono tutte le premesse affinché nel 2023 si prosegua nella direzione giusta che hanno già intrapreso in questi anni oltre 231 comuni pari a più di 2 milioni di cittadini siciliani ricicloni, comuni che hanno superato il 65% di raccolta differenziata e che ci consentono di avvicinarci sempre di più alla transizione verso l’economia circolare, abbandonando definitivamente le cattive abitudini a lungo alimentate da una cattiva gestione dei servizi di raccolta e da interessi opachi.
Tutte queste premesse sono condizione necessaria e tuttavia non sufficiente. Per svoltare definitivamente occorre, infatti, che la Regione acceleri e semplifichi le procedure di autorizzazione per la realizzazione degli impianti per il riciclo, elimini le storture gestionali del settore introdotte con la legge 3 del 2013 con i 280 ARO, intervenga per ridurre a 5 le SRR, pianifichi e sostenga con risorse finanziare e competenze adeguate la progettazione degli impianti pubblici realmente utili per il riciclo e per l’economia circolare. Ma, soprattutto, abbondoni definitivamente l’insensata realizzazione di due inceneritori che dovrebbero bruciare oltre 900 mila tonnellate di rifiuti.
Un progetto, questo, contrario agli obiettivi di riciclo dell’economia circolare e che costerebbe ai cittadini siciliani oltre 200 milioni di euro nei prossimi 20 anni.
Un recente studio inglese ha appurato che sottraendo 10.000 tonnellate di rifiuti all’incenerimento si perde 1 posto di lavoro in questo segmento di attività e 6 posti vengono meno nelle discariche, ma il rovescio della medaglia sono i386 occupati in più nella filiera del riciclo, del recupero, della riprogettazione e rimanifattura e nelle filiere di supporto.
Alla luce di ciò non può esservi alcun dubbio: il progetto degli inceneritori è palesemente contrario agli interessi dei siciliani e semmai dovesse andare in porto non risolverà affatto l’emergenza rifiuti e finirà invece per bruciare quel futuro di sviluppo e occupazione della nostra regione che solo una gestione efficiente del Ri-ciclo integrato dei rifiuti è in grado assicurare».