Il Ministero della Transizione ecologica ha fortemente accelerato i processi autorizzativi degli impianti di energia rinnovabile, ma la maggior parte degli impianti sono a sud, mentre il consumo è a nord: senza impianti di accumulo e un adeguamento della rete, quasi metà della nuova potenza rischia di andare perduta. Lo ha spiegato il ministro Roberto Cingolani al question time della Camera, rispondendo a una interrogazione di Fratelli d’Italia sullo sviluppo delle rinnovabili.
Cingolani ha spiegato che la commissione Via del Ministero nell’ultimo bienno ha autorizzato il triplo degli impianti di energia pulita che erano stati autorizzati nei 6 anni precedenti. Dal maggio 2020 sono arrivate 688 richieste di autorizzazione per progetti e ne sono state concluese 170. Dal 2013 al 2019 ne erano arrivate 244 e ne erano state concluse 155. Inoltre, la nuova commissione Via dedicata solo a Pnrr e Pniec, dal gennaio del 2022 ha autorizzato progetti di rinnovabili per 2,5 gigawatt: nel 2021 ne erano stati autorizzati solo 0,8 GW.
Il ministro ha spiegato che però la maggior parte di questi progetti sono nel Mezzogiorno, dove ci sono sole e vento, ma c’è scarso consumo. Il governo punta a installare 60 gigawatt di nuova potenza rinnovabile nei prossimi tre anni. Ma poi, ha detto Cingolani, trasportare questa elettricità dal Sud al Nord (dove c’è il consumo) «porterebbe a una congestione impossibile della rete. Non meno del 45% di energia generata sarebbe inutilizzabile».
Il ministro ha riferito che secondo Elettricità Futura per rimediare a questo “collo di bottiglia” servirebbero 48 gigawattora di batterie, del costo di 15 miliardi di euro. L’Università di Padova alza la stima a 80 GWh, per 25 miliardi di euro. «Non è chiaro con quali fondi finanziare queste installazioni -, ha osservato il ministro -. Un incremento della potenza rinnovabile, se non accompagnato da una smart grid e da impianti di accumulo adeguati, rischia di essere inutile».