Anche alcuni tipi di allevamenti finiscono nella stretta sulle emissioni inquinanti degli impianti industriali annunciata dalla Commissione europea. La nuova direttiva presentata giorno 6 aprile a Strasburgo prevede norme più severe per tutti i settori. Così la Commissione vuole rilanciare la lotta all’inquinamento come parte integrante del Green Deal.
Riduzione delle emissioni:
Che, ha ricordato il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, non è solo una strategia per la riduzione delle emissioni ma anche per il taglio di quelle inquinanti, dall’ammonio al particolato, dal metano al mercurio e agli altri metalli pesanti. Secondo l’Oms, ha ricordato il commissario per l’Ambiente Virginijus Sinkevicius, «l’inquinamento è un killer silenzioso perché provoca centinaia di migliaia di morti premature ogni anno». L’attuale quadro normativo, che risale a oltre 10 anni fa, «ha permesso una riduzione delle emissioni industriali tra il 40 e l’85%», rivendicano i commissari Ue, ma si può fare di più. Alzare l’asticella, secondo le stime di Bruxelles, comporterà benefici per la salute per un valore di 7,3 miliardi di euro all’anno.
I soggetti coinvolti:
La nuova direttiva impone agli Stati membri di utilizzare valori limite di emissione più severi quando rivedono i permessi o stabiliscono nuove condizioni di autorizzazione per le grandi installazioni industriali. Dovranno richiedere autorizzazioni di questo tipo anche le attività estrattive, le giga-factories essenziali per creare l’industria Ue delle batterie e gli allevamenti con più di 150 bovini da latte oppure 300 scrofe, 500 suini, 21mila polli da carne, 10mila galline ovaiole. Attualmente solo i mega-allevamenti di pollame (40mila capi) e suini (2mila capi) sono soggetti alle speciali autorizzazioni previste dalla direttiva.
Pro e contro:
Il progetto della Commissione «spinge alla chiusura in Italia migliaia di allevamenti che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento di costi dei mangimi e dell’energia provocati dalla guerra in Ucraina», attacca il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che paventa il rischio «di colpire la produzione nazionale ed europea per favorire le importazioni da paesi extracomunitari spesso realizzate senza il rispetto degli stessi criteri, sanitari, ambientali e sociali» dell’Ue. Plaude alle misure “contro i giganti dell’allevamento industriale” Greenpeace Europa. Per l’associazione degli imprenditori europei BusinessEurope, invece, la bozza di Bruxelles “arriva in un momento sbagliato” con proposte che potrebbero imporre “ulteriori ritardi nelle autorizzazioni, limitando la trasformazione industriale”.