L’Italia dipende per quasi l’80% da altri Paesi dal punto di vista energetico. La guerra Russia-Ucraina ha messo in luce tutte le fragilità di un sistema che importa il 25% del fabbisogno da Mosca. Le possibilità per affrancarsi da questo sistema esiste, ma richiede un percorso almeno ventennale e l’ammodernamento delle reti di distribuzione.
Il parere di Fabio Orecchini:
A tracciare la strada dell’indipendenza è Fabio Orecchini, ingegnere, ordinario di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente, autore di un centinaio di pubblicazioni in materia e, fra l’altro, direttore del Centro di Ricerca sull’auto e la sua evoluzione. «Nel 2021 – spiega Orecchini in un’intervista all’ANSA – l’Italia ha importato il 77% del proprio fabbisogno energetico. Soprattutto combustibili fossili e prodotti petroliferi. Questi dati – prosegue – mettono in luce due grandi temi: il Paese dipende in modo vitale da altri Stati per l’approvvigionamento, e in maniera fortemente preponderante da combustibili fossili. La politica di abbandono del carbone – ricorda Orecchini – è stata incentrata sul gas, e quella sul gas è puntata su una multifornitura: acquistiamo da Algeria, Azerbaigian e – ovviamente – dalla Russia. Rivolgendosi a un pool di fornitori è stata salvaguardata la sicurezza energetica».
Dal privato al pubblico:
«Una strategia – continua l’ingegnere – che richiede un perimetro geopolitico ‘sicuro’. Demandando, dunque, alla politica la sicurezza energetica. E non è un caso, infatti che in questi giorni così difficili a causa della guerra tra Russia e Ucraina, il ministro Di Maio stia rinsaldando i rapporti con gli altri partner energetici. È politica anche la scelta di obbligare, da decenni, i costruttori di immobili a prevedere anche i parcheggi delle auto ma di non imporre l’indipendenza energetica degli stessi edifici». «L’alternativa politica – prosegue Orecchini – esiste: se fosse l’Unione Europea nel suo complesso a farsi portavoce delle necessità dell’intera collettività comunitaria, i singoli Paesi sarebbero meno soggetti alle tensioni politiche estere».
Italia povera di fonti fossili:
La vera strada da percorrere, però, è l’indipendenza energetica. Indipendenza fin dalle singole abitazioni. Su questo, Orecchini è tassativo. Innanzitutto bisonga capire cosa c’è sopra e sotto il suolo nazionale e dell’Unione. Perché qualcosa c’è. «L’Italia – spiega – è povera dal punto di vista delle fonti fossili, ma ricca di fonti rinnovabili. L’idroelettrico è storicamente un nostro fiore all’occhiello nazionale, grazie allo sfruttamento dei corsi d’acqua. Per anni ci ha visto primeggiare nel mondo, salvo poi cedere il podio quando ci siamo ‘adagiati’ sulle fonti fossili».
Ma ricca di sole:
In più, ampie zone del paese sono abbondantemente soleggiate, altre sono battute da forti venti. Energia che va incanalata e utilizzata. Un percorso, sottolinea il professore, che ha un orizzonte temporale di almeno vent’anni, ma che deve essere avviato senza indugi. Il conflitto Russia-Ucraina, visto dal punto di vista energetico, mette in luce tutta la fragilità dell’Italia. Bisogna affrancarsi da questo giogo, se non ora, quando? Entrando in dettagli più tecnici, Orecchini affronta le criticità dell’attuale rete elettrica. Una, su tutte: è costruita per distribuire da un solo luogo di produzione – le centrali – alle migliaia e migliaia di luoghi di consumo. Una rete capillare, ma a senso unico, figlia di una concezione antica che consente molto limitatamente il percorso inverso.
Rinnovare e rinnovabili:
L’obiettivo è arrivare a un sistema basato sulle rinnovabili e con produzione diffusa e intelligente. Per intelligente, si intende una produzione garantita da numerosissimi punti di produzione che ridistribuiscono nella rete nazionale il surplus energetico. Se ricostruire completamente la rete è impensabile, ammette Orecchini, è invece da incentivare l’utilizzo di tecnologie intelligenti che permettono di gestire la rete per ‘celle’, in modo da poter gestire i carichi. In questo modo, per intenderci, un tetto diventa un vero impianto di produzione che alimenta non soltanto l’immobile che copre, ma è in grado anche di riversare ampie quantità di energia nella rete.
Investire:
L’indipendenza, dunque, è possibile. D’altra parte, davanti ci sono gli step del 2030 – prima – e del 2050, poi, con la neutralità delle emissioni. Il ministro Cingolani – ricorda Orecchini – ha confermato che sono obiettivi possibili. Le ‘leve’, dunque, sono squisitamente politiche. Impaurisce, da sempre, la necessità di investimenti ingenti.
Orecchini invita a fare un raffronto tra convenienza economica di breve termine e convenienza strategica di lungo termine. Lo sfruttamento del fotovoltaico in Italia ha circa 20 anni, da 10 viene utilizzato in maniera più ampia e sempre da 10 si lavora alle reti intelligenti. Prossimi step? I pozzi termici: fori nella terra per ‘estrarre’ il calore dal sottosuolo. «In Italia – conclude Orecchini – il geotermico si usa molto limitatamente, mentre meriterebbe una maggior diffusione».