A conclusione di un anno importante quale il 2021, che ha visto protagonista la Cop26 con tutte le sue discussioni sulla tutela dell’ambiente e sulla lotta contro il cambiamento climatico, il WWF ha voluto tirarne le somme.
Combustili fossili:
Se da una parte la Cop26 ha posto al centro dell’attenzione l’urgenza di contrastare gli effetti del cambiamento climatico imponendo il limite massimo di riscaldamento a 1,5° C entro il 2030, dall’altra si nota come l’attuale impegno non consenta di rispettare la soglia e come il finanziamento all’azione climatica sia insufficiente. Pochi i fondi concessi ai Paesi più colpiti dal mutamento climatico e blande le promesse sulla riduzione dell’impiego di carbone, responsabile dell’innalzamento delle temperature. È vero che 23 Paesi hanno sottoscritto l’impegno per il passaggio dal carbone all’energia pulita, ma tale impegno va sorvegliato. Per il momento è esemplare il caso del Portogallo, che ha spento la sua ultima centrale a carbone. L’Italia invece ha una posizione poco chiara sull’eliminazione dei combustibili fossili: essa ha sottoscritto la BOGA (Beyond Oil and Gas Alliance) in qualità di friend, non di alleata. Una posizione troppo vacua a fronte di un innalzamento delle temperature generato proprio dai combustibili fossili che ha fatto raggiungere quasi 49°C a Siracusa l’estate scorsa.
Agricoltura non sostenibile:
Per quanto concerne agricoltura e alimentazione, la Commissione Europea ha presentato un piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica e ha approvato il “Farm to Fork” a sostegno di un’agricoltura sostenibile. Si pensi che il sistema alimentare è responsabile dell’80% della deforestazione e della perdita di biodiversità. Il problema è che la Politica Agricola Comune (PAC) a livello europeo e anche solo italiano non è in linea con il Green Deal. Questo significa che la perdita di foreste, suoli e biodiversità continua ad avanzare: l’aumento della deforestazione dell’Amazzonia ha comportato l’estinzione di oltre 160 specie in 10 anni. A questo si aggiungono gli incendi che, alimentati da un clima sempre più caldo, nel 2021 hanno toccato picchi altissimi (in Siberia sono andati distrutti 1,5 milioni di ettari di foreste). Scarsi i tentativi di contrastare queste perdite, dato che solo lo 0,5% dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) sono volti alla tutela della biodiversità. Nel frattempo però l’Europa al fine di contrastare la deforestazione non solo ha annunciato una legge incentrata sul ripristino degli ecosistemi naturali, ma ha anche proposto di bloccare la deforestazione importata. Questo significa adottare regole più severe sull’importazione di prodotti e materie prime che sono causa della deforestazione all’estero.
Mare e terra:
Infine bisogna scrivere anche del mare e della plastica, ancora troppo presente in acqua e, di conseguenza, nel pescato. L’Italia però continua a rimandare le strategie per eliminare questo materiale chimico difficile da smaltire: da una parte entrerà in vigore la direttiva Sup il prossimo 14 gennaio, dall’altra la Plastic Tax è stata nuovamente rinviata al 2023. Si tratta di un’imposta di 0,45€ per ogni kilogrammo di plastica da singolo impiego venduta. Così la sua dispersione nell’ambiente non smette di aumentare. A tormentare terra e mare però non è solo la plastica: il Mediterraneo ha livelli di sfruttamento intensivo degli allevamenti ittici troppo alti (75%) nonostante le misure europee per rendere sostenibile la pesca. Situazione non dissimile per i campi, ancora troppo sfruttati dalle coltivazioni intensive e contaminati da pesticidi come il glisofato, che l’Italia continua a usare nonostante la sua autorizzazione in Europa sia in scadenza.