Il report provvisorio relativo ai primi 9 mesi del 2021 stilato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha messo in luce che gli ultimi sette anni sono stati i più caldi da quando ci sono rilevazioni scientifiche della temperatura. Il 2021 ha avuto una temperatura di 1.09°C più alta rispetto alla media del 1850-1900, epoca dell’industrializzazione: un dato allarmante, soprattutto perché il 2021 non è stato l’anno più caldo degli ultimi sette. Esso infatti è stato mitigato da una corrente fredda, La Niña, che ha influito sulle temperature di alcune aree tropicali del Pacifico. Finora il 2021 è tra il quinto e il settimo posto tra gli anni più caldi dal 2015 a oggi, benché la California abbia toccato i 54.4°C. Il 2016 si aggiudica il triste primato.
Innalzamento dei mari:
Nello specifico, sono stati confrontati i dati odierni relativi ai gas serra, al livello del mare e degli oceani e ai ghiacciai con quelli dell’epoca preindustriale. Nel 2020 la CO2 presente nell’aria ha avuto un incremento del 149% rispetto al 1750, ancora in aumento nel 2021. Negli oceani si è concentrato il 90% del calore accumulato sulla terra, con un aumento significativo proprio negli ultimi 20 anni e destinato a crescere in futuro. Inoltre gli oceani assorbono il 23% di CO2 prodotta dall’uomo, divenendo più acidi. Per quanto riguarda i mari, il loro livello è aumentato a seguito dello scioglimento dei ghiacciai. Dal 1993 al 2002 l’altezza ha avuto un incremento di 2.1 mm per anno, dal 2013 al 2021 di 4.4 mm, una differenza allarmante.
Scioglimento dei ghiacciai:
Questo è conseguenza dello scioglimento dei ghiacciai, la cui massa negli ultimi 20 anni è diminuita velocemente: nel 2021 l’estate molto torrida in Nord America ha avuto un impatto brutale sui suoi ghiacciai. L’estensione dello scioglimento della calotta polare in Groenlandia ha avuto un picco nell’estate 2021: il 14 agosto la temperatura della zona è rimasta al di sopra dello 0 per nove ore, con precipitazioni piovose. La stessa Europa occidentale, come il resto del mondo, ha sperimentato episodi di allagamento severi. Dall’altra parte però da gennaio 2020 ad agosto 2021 gli Stati Uniti sud-occidentali hanno vissuto uno dei periodi più aridi, a cui si associa una malnutrizione dovuta a mancanza di raccolti.
Gelo, siccità, malnutrizione:
Il report, stilato grazie a dati meteorologici e idrologici Onu e di esperti scientifici, mette in luce gli effetti negativi del riscaldamento su dislocazione della popolazione, ecosistema e alimentazione. Le conseguenze più devastanti della mancanza di raccolti si sono avuti nei territori che soffrivano già la fame, con un aumento da 135 milioni di persone malnutrite nel 2020 a 161 milioni nel 2021. Non solo il caldo, ma anche la corrente fredda de La Niña ha avuto effetti nefasti sull’agricoltura mondiale.
Nessuna resilienza:
Gli eventi estremi come uragani e cicloni hanno ripercussioni sul dislocamento della popolazione nel mondo, dato che alcune zone diventano inabitabili. Tutto questo si traduce in un danneggiamento degli ecosistemi, che si stanno degradando e limitano la loro capacità di supporto del benessere umano e di adattamento per la resilienza.