In un momento in cui l’emergenza sanitaria globale ha acuito su tutti i fronti il divario tra i paesi ricchi e quelli in via di sviluppo, la Rappresentanza d’Italia dell’Organizzazione Internazionale a Parigi ha organizzato il webinar “The fight against energy poverty SDG7 in the global dialogue”, mediata dal dottor Luca Franza. Ospiti della videoconferenza sono stati Antonio Bernardini, rappresentante presso le Organizzazioni Internazionali a Parigi, Giorgio Marrapodi, direttore generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri, Francesco La Camera, direttore generale di “Irena” (International Renewable Energy Agency), Mary Warlick, vicedirettrice dell’IEA (International Energy Agency), Gilberto Dialuce, presidente ENEA, Leone Tarabusi, membro di AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), Giulio Dal Magro, capo dello sviluppo internazionale delle finanze alla CDP (Cassa Depositi e Prestiti), Jorge Moreira Da Silva, direttore di OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) e Roberto Vigotti, segretario generale di Res4 Africa. Il dialogo, come sottolineato dagli ambasciatori Bernardini e Marrapodi, è stato inserito nel calendario eventi del G20 ed è in linea con i temi della COP26.
Cooperazione internazionale
Ad emergere dalla discussione, tenutasi in data 19 ottobre 2021, è stata la necessità di intervenire nei paesi in via di sviluppo, con particolare attenzione all’Africa, per combattere la povertà energetica e promuovere lo sviluppo di energie rinnovabili mirando a raggiungere i sette Sustainable Development Goal (SDG7).
«L’Africa è un punto cruciale per raggiungere gli obiettivi green preposti entro il 2030» afferma la Warlick. «Le economie avanzate hanno investito 10 volte di più rispetto ai paesi sottosviluppati per la ripresa economica post-covid e questo alimenta il divario già esistente. – denuncia la vicedirettrice IEA – È necessaria una buona cooperazione internazionale per garantire a tutti l’accesso all’energia». In accordo con queste parole, Vigotti constata: «L’Africa non è un terreno appetibile per gli investimenti, ha un contesto troppo instabile. Per questo chiediamo la collaborazione di banche e privati con la Commissione Europea: è utile che questa offra tutela a chi volesse aderire a un programma globale di investimenti nel settore energetico africano». Anche il direttore Moreira Da Silva sostiene la necessità di una collaborazione tra pubblico e privato: «Gli investimenti europei sono troppo frammentari, ci vuole un finanziamento mirato per i 10 paesi che presentino il più grave deficit energetico». A questo punta da pochi anni la Cassa Depositi e Prestiti: «Questa istituzione – spiega Dal Magro – da molto tempo finanzia imprese e infrastrutture, ma recentemente ha deciso di investire anche nei paesi emergenti in settori ad alto impatto, come quello energetico, legato al cambiamento climatico. Possiamo finanziare progetti specifici, investire in fondi per l’equity o offrire fondi di credito per progetti che rispettino gli obiettivi green. Sarebbe auspicabile fare rete con consulenti mondiali e coinvolgere anche le banche africane».
Le grandi potenze a favore dei paesi in via di sviluppo
Le potenze mondiali dovrebbero fare da esempio per i paesi in via di sviluppo e aiutarli nella transizione energetica: «Bisogna massimizzare la resilienza aumentando la cooperazione scientifica e trasferendo la tecnologia in luoghi dal grande potenziale, ma dalla carenza energetica, come India, Cina, Kenya. Perché questo avvenga occorre dare una definizione univoca globale della povertà energetica e offrire soluzioni concrete e mirate in base alle situazioni» sostiene Dialuce. Consapevole di ciò è La Camera: «Con gli attuali livelli di povertà energetica non riusciremo a raggiungere gli obiettivi della svolta green entro il 2030, 600 milioni di persone resteranno ancora senza energia, ma bisogna invertire il prima possibile questa tendenza».
Illuminare l’Africa
Laddove in Africa 77 milioni di persone non hanno energia in casa, come sottolineato dalla Warlick, il primo obiettivo è quello di fornire loro fonti energetiche. Il progetto “Ilumina”, curato da Tarabusi, punta a colmare questa mancanza con un doppio passo: procurare energia e farlo in maniera sostenibile. «In Mozambico solo il 40% dell’area ha accesso all’energia e solo il 26% della popolazione può usufruirne. – spiega Tarabusi – Le fonti rinnovabili costituiscono una parte minima e “Ilumina” vuole incrementarle con l’installazione di impianti fotovoltaici e di cucine a gas, energia pulita rispetto alle cancerogene cotture su legna, carbone o letame. Questo potrebbe anche portare nuove opportunità di lavoro soprattutto per le donne».