La speranza che il governo non interrompa la crescita del settore edile messa in atto dal 2020
I dati registrati da Enea (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) relativi al mese di settembre hanno reso noto un aumento delle richieste di interventi edilizi con cui usufruire degli incentivi del Superbonus 110%. Nello specifico a settembre sono stati ammessi al beneficio fiscale un miliardo e 800 milioni di investimenti, portando il totale a 7,5 miliardi: un incremento senza precedenti. Di questi sono stati già realizzati 5,1 miliardi di lavori, dei quali la maggior parte su richiesta di condomìni, motore trainante di queste ristrutturazioni (essi rappresentano il 47,7% degli interventi totali).
Proroghe sì, ma fino a quando?
Di fronte a questi dati, è chiaro come le ditte di ristrutturazione che concedono tali incentivi siano oberate di lavoro e non sappiano se accettarne altri o meno, dal momento che lo Stato non fa chiarezza su eventuali proroghe della misura di incentivazione. Questa, introdotta nel maggio 2020 dal D.L. “Rilancio” 19 maggio 2020, n. 34, consiste in una detrazione fiscale del 110% sulle spese di ristrutturazione sostenute dall’1 luglio 2020 al 30 giugno 2022. Originariamente erano state concesse solo due proroghe: una per gli IACP (Istituti Autonomi Case Popolari), con un limite temporale fino al 31 dicembre 2022, prorogabile ulteriormente fino al 30 giugno 2023 qualora fosse stato completato almeno il 60% dei lavori al 31 dicembre 2022. L’altra per i condomini che in data 20 giugno 2022 avessero già completato almeno il 60% dei lavori, realizzabili in tal caso fino al 31 dicembre 2022. Avendo già le agende piene, le imprese che aderiscono all’iniziativa sono incerte se accettare o meno altri incarichi: prima vorrebbero chiarezza su una possibile proroga del Superbonus e degli altri incentivi simili fino al biennio 2023-2024.
Incentivi strutturali per effetti a lungo termine
Infatti al di là del Superbonus, che implica un intervento trainante come l’isolamento termico sugli involucri, irrealizzabile in edifici storici tutelati come beni culturali, ci sono anche altri incentivi interessanti ormai in scadenza: è il caso del “bonus facciate”, che consiste in un credito d’imposta del 90% sui lavori di sola riverniciatura che non alterano l’aspetto delle strutture dei centri storici. Esso scade il 31 dicembre e molte aziende che hanno preso appalti non sanno se prenderne altri o continuare i lavori già avviati, che rischiano di prorogarsi al 2022 senza copertura economica. Per evitare questi problemi servirebbe chiarezza sulle intenzioni del governo di prorogare o meno gli incentivi del Superbonus 110%.
Il presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) Armando Zambrano auspica che lo Stato, nonostante le spese ingenti da sostenere, non interrompa questa catena: «I Superbonus potrebbero consentire di attivare un virtuoso processo di rigenerazione del patrimonio edilizio con benefici sociali rilevanti. Minore insorgenza di malattie connesse ad ambienti malsani e a povertà energetica, minore consumo di suolo, riduzione dell’inquinamento, minori danni alle strutture in caso di eventi imprevisti, più sicurezza degli edifici generano in modo sistematico un risparmio della spesa pubblica ed hanno un effetto espansivo sul Pil. Auspichiamo – continua Zambrano – che il Governo voglia prendere in considerazione questo concetto di sostenibilità della spesa per Superbonus nel medio periodo, spostando la scadenza degli incentivi almeno al 2026 e ridefinendo le condizioni dell’incentivo in modo da renderlo strutturale». Soltanto con scadenze a lungo termine è possibile raggiungere l’abbattimento delle emissioni e gli altri obiettivi green che l’Europa chiede nell’agenda 2030: basti pensare che i soli interventi di ristrutturazione finanziati con il Superbonus comportano un innalzamento della classe energetica degli edifici di almeno due livelli.