Con gli impegni di decarbonizzazione annunciati dai governi mondiali “l’aumento delle temperature medie globali è destinato ad arrivare nel 2100 a 2,1 gradi”, sopra l’obiettivo minimo dell’Accordo di Parigi sul clima (2 gradi). Lo rivela il World Energy Outlook, il rapporto annuale sull’energia nel mondo, preparato dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea).
Il rapporto della Iea esamina tre scenari di decarbonizzazione possibili. Il primo è lo “Zero emissioni al 2050”, e indica cosa bisogna fare per rimanere al 2100 entro 1,5 gradi di riscaldamento dai livelli pre-industriali, l’obiettivo massimo dell’Accordo di Parigi.
Il secondo scenario è quello delle “Politiche deliberate a oggi”: in pratica, gli impegni di decarbonizzazione (NDC, Nationally Determined Contributions) adottati dai paesi del mondo a Parigi nel 2015, nell’ambito dell’Accordo. Con questi obiettivi, al 2100 si arriverà a 2,6 gradi di riscaldamento, sforando pesantemente anche il target minimo di 2 gradi.
Il terzo scenario è quello degli “Impegni annunciati”: sono i nuovi obiettivi di decarbonizzazione che diversi paesi al mondo (fra i quali Usa e Ue) hanno annunciato per aggiornare quelli di Parigi, ormai insufficienti. Anche con questi miglioramenti (peraltro solo promessi e ancora tutti da realizzare), il riscaldamento globale al 2100 sforerà i 2 gradi e arriverà a 2,1.
Il World Energy Outlook mostra che, nonostante l’installazione di impianti solari ed eolici si rafforzi sempre di più, il consumo mondiale di carbone sta crescendo con forza quest’anno, spingendo le emissioni di anidride carbonica CO2 verso il loro secondo maggiore incremento della storia.
“Gli attuali impegni sul clima porterebbero nel 2030 ad appena il 20% della riduzione delle emissioni che sarebbe necessaria per raggiungere il target di zero emissioni al 2050 – ha detto il direttore esecutivo della Iea, Fatih Birol -.
Arrivare a quell’obiettivo richiede che gli investimenti in progetti di energia pulita e infrastrutture più che triplichino nel prossimo decennio. Circa il 70% della spesa addizionale bisogna che avvenga nei paesi emergenti e in via di sviluppo”.
Birol, la transizione verso le energie pulite è troppo lenta. La transizione mondiale verso l’energia pulita è ancora troppo lenta per soddisfare gli impegni climatici in ciò che rischia di alimentare una maggiore volatilità dei prezzi. E’ questo il monito dell’Agenzia internazionale per l’energia. “Non stiamo investendo abbastanza per soddisfare le future esigenze energetiche – ha affermato il direttore esecutivo dell’AIE Fatih Birol – e le incertezze stanno preparando il terreno per un periodo estremamente incerto”.
“Il modo per affrontare questo problema è chiaro – ha proseguito Birol -. Una spinta maggiore verso investimenti in energie pulite, con tutte le tecnologie e su tutti i mercati. Ma questo occorre che accada presto”.
Per Birol “lo slancio enormemente incoraggiante verso l’energia pulita si scontra con l’ostinata presenza delle fonti fossili nei nostri sistemi energetici. I governi devono risolvere questo alla Cop26 (la conferenza Onu sul clima a Glasgow, dal 31 ottobre al 12 novembre, n.d.r.), dando un segnale chiaro e inequivocabile che sono impegnati ad incrementare rapidamente le tecnologie pulite e resilienti del futuro”.
L’annuale World Energy Outlook dell’Iea, diffuso oggi, mostra che gli investimenti ulteriori necessari per raggiungere le zero emissioni nette al 2050 sono meno pesanti di quanto possa apparire. Più del 40% delle riduzioni di emissioni necessarie verrebbe da misure che si ripagano da sole, come migliorare l’efficienza, limitare le fughe di gas, installare impianti eoliuci o solari in luoghi dove ora sono le tecnologie di generazione elettrica più competitive.
Secondo il rapporto, perseguire l’obiettivo di zero emissioni creerebbe un mercato per pale eoliche, pannelli solari, batterie al litio, elettrolizzatori e celle a combustibile ben oltre i 1000 miliardi di dollari all’anno nel 2050, paragonabile per dimensioni all’attuale mercato del petrolio.
Con gli obiettivi di decarbonizzazione annunciati al momento dagli stati, nel 2030 si avrebbero 13 milioni di occupati in più nell’energia pulita e nei settori correlati. Questo numero raddoppierebbe se gli stati alzassero i target di riduzione delle emissioni in modo da arrivare a zero emissioni nette di gas serra al 2050.