La quantità di anidride carbonica nell’atmosfera ha raggiunto nel maggio 2021 il valore medio di 419 parti per milione (ppm), il più alto mai registrato in 63 anni, da quando nel 1958 sono cominciate le osservazioni scientifiche. Nel maggio 2020 il valore medio della CO2 era stato di 417 ppm. Lo rendono noto l’agenzia meteorologica e climatica statunitense, la Noaa, e l’Istituto Scripps di Oceanografia di San Diego, California. La rilevazione è stata effettuata all’Osservatorio di Mauna Loa alle Hawaai.
“Stiamo aggiungendo grosso modo 40 miliardi di tonnellate di CO2 all’atmosfera ogni anno – commenta sul sito della Noaa il ricercatore Pieter Tans –. E’ una montagna di carbonio che tiriamo fuori dalla Terra, bruciamo e rilasciamo in atmosfera come CO2, anno dopo anno. Se vogliamo evitare un cambiamento climatico catastrofico, la massima priorità deve essere ridurre a zero l’inquinamento da CO2 al più presto possibile“.
La Noaa scrive che l’aumento annuale della CO2 di 1,8 ppm dal maggio 2020 al maggio 2021 è leggermente inferiore a quello degli anni precedenti, ma le misurazioni dell’anidride carbonica a Mauna Loa nei primi 5 mesi del 2021 mostrano un aumento di 2,3 ppm sugli stessi mesi del 2020, vicino all’incremento medio annuale dal 2010 al 2019. Dai dati non emerge un dato rilevabile della crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus.
La quantità di CO2 nell’atmosfera oggi è paragonabile a quella dell’Ottimo Climatico del Pliocene, fra 4,1 e 4,5 milioni di anni fa, quando l’anidride carbonica era intorno a 400 parti per milione. A quell’epoca, il livello del mare era di circa 24 metri più alto di oggi e la temperatura media era quasi 4 gradi più alta di quella dell’epoca pre-industriale. Ricerche indicano che allora ampie foreste occupavano zone dell’Artico che ora sono tundra.
Ispra, nel 2021 in Italia +0,3% emissioni. In Italia per il 2021 è atteso un incremento delle emissioni di gas serra dello 0,3% rispetto al 2020, a fronte di una previsione di incremento del Pil dell’1,9%. A dirlo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) in base ai primi dati disponibili sull’andamento di quest’anno. La causa dell’aumento delle emissione è la “conseguenza della ripresa delle attività economiche“.
Per l’Ispra – che conferma “il disaccoppiamento tra emissioni e tendenza dell’indice economico” – questo “andamento conferma la necessità di modifiche strutturali, tecnologiche e comportamentali che riducano al minimo le emissioni di gas serra nel medio e lungo periodo“.
La stima è dovuta – viene spiegato – alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (meno 1,4%), all’incremento della produzione idroelettrica a fronte di un aumento della domanda di energia e alla riduzione dei consumi energetici nei trasporti (meno 0,9%); ma a un incremento delle emissioni negli altri settori come nell’industria (più 2,7%) e nel riscaldamento (più 1,5%).