L’idrogeno non può avere un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione, perché non ci sarà mai idrogeno verde a zero emissioni in quantità. Quel poco gas “pulito” che si avrà, potrà servire solo a decarbonizzare alcuni settori di nicchia, come industria e trasporto pesante e aereo.
Spingere sull’idrogeno nella transizione ecologica (e sulla cattura e stoccaggio del carbonio) serve solo mantenere in vita l’industria dei combustibili fossili (che lo produce dal metano e vuole interrare la CO2 di scarto) e a ritardare il passaggio alle rinnovabili. E’ questo il messaggio lanciato oggi da un webinar del WWF Italia su idrogeno e CCS (Cattura e stoccaggio del carbonio).
L’idrogeno ha un ruolo importante nel Recovery Plan del governo, che gli destina ben 3,19 miliardi di euro. Al momento però il 95% di questo gas in Italia è prodotto dal metano, emettendo il gas serra CO2 in atmosfera (idrogeno grigio). L’Eni e altre aziende puntano a decarbonizzare questa produzione, interrando l’anidride carbonica in giacimenti esausti di gas (idrogeno blu). L’Eni vuole realizzare un grande impianto di cattura e stoccaggio di CO2 nei suoi giacimenti offshore davanti a Ravenna. Marginale e sperimentale è al momento la produzione di idrogeno verde, ottenuto dall’acqua con energia da fonti rinnovanili.
“Per produrre l’idrogeno verde serve tantissima energia pulita, e non ce l’avremo mai – ha spiegato Massimiliano Varriale, esperto di energia del WWF -. E’ molto meglio usare questa energia pulita direttamente, per alimentare auto elettriche e treni. L’idrogeno ha un’efficienza inferiore al 30%, l’elettrico dell’80%. Quel poco idrogeno verde che avremo, dovremo centellinarlo per quei settori di nicchia dove è veramente utile: le industrie ‘hard to abate’ (acciaierie, cementifici), il trasporto pesante su strada, forse gli aerei e le navi”. Per Varriale “l’innamoramento per l’idrogeno è funzionale a mantenere in vita l’industria del gas“.
Il ricercatore del Cnr Nicola Armaroli (star di YouTube con le sue lezioni sulle rinnovabili) ha spiegato che lo stoccaggio sottoterra della CO2 (CCS), con il quale si vorrebbe rendere a zero emissioni l’idrogeno da metano, “è stato sperimentato a lungo, e ovunque ha dato risultati economici disastrosi. Molti impianti sono stati chiusi. L’unico modo per renderlo economico è usarlo per spremere metano e petrolio da giacimenti quasi esauriti. In pratica, interrare CO2 per tirare fuori carburanti che produrranno altra CO2. La CCS serve solo all’industria degli idrocarburi per tenere in piedi l’infrastruttura del gas e del petrolio”.
Per Armaroli “è una follia ridicola anche produrre idrogeno dal metano per poi mescolarlo con altro metano e bruciarlo (procedimento sperimentato da Snam, ndr)“.
Per Michele Governatori, del think tank energetico Ecco, “mettere la CO2 sotto il tappeto rischia di non farci fare quello che serve, cioè ridurre le emissioni attraverso rinnovabili e risparmio energetico“. Lo stesso concetto è stato espresso da Maria Grazia Midulla, responsabile clima ed energia del WWF: “Non possiamo dedicare i nostri sforzi a tenere in vita tecnologie del passato, quando abbiamo tecnologie del futuro veramente efficienti“.