I giacimenti di gas esauriti dell’Adriatico potrebbero stoccare 500 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Il loro uso principale potrebbe essere assorbire la CO2 prodotta dalle industrie italiane, per evitare che finisca in atmosfera e aumenti il riscaldamento globale. Lo spiegano all’ANSA fonti dell’Eni, che vuole avviare questa attività nei suoi giacimenti offshore al largo di Ravenna.
L’Eni sta già realizzando un impianto di CCS (Carbon Capture and Storage) in giacimenti esauriti al largo di Liverpool. La CO2 verrà catturata dalle industrie locali (acciaierie, cementifici, raffinerie, fertilizzanti, cartiere), trasportata con condotte alle piattaforme offshore e lì iniettata sottoterra.
Al largo di Ravenna l’Eni vuole fare la stessa cosa. La CO2 sarebbe portata con condotte a 2 o 3 piattaforme sopra giacimenti esauriti, compressa fino a renderla liquida e iniettata a 3-4.000 metri di profondità. L’Eni ritiene che non ci siano rischi di fuoriuscite di gas (che peraltro è inerte, non è pericoloso e provoca solo effetto serra): i giacimenti hanno contenuto metano per milioni di anni, sono protetti da strati di materiali impermeabili e in 60 anni di sfruttamento non ci sono mai stati problemi sismici.
L’investimento sarebbe dell’ordine di 1 miliardo di euro, e secondo Eni avrebbe grosse ricadute occupazionali. L’impianto di CCS potrebbe servire le industrie della Pianura Padana, che emettono 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno (su 70-80 complessive in Italia). Queste imprese devono sostenere costi sempre crescenti per la CO2 che producono, a causa del sistema europeo ETS che tassa le emissioni: avrebbero convenienza a decarbonizzare con la CCS.
Il progetto Eni a Ravenna ha suscitato una forte opposizione fra gli ambientalisti, che lo ritengono un modo per continuare a usare i combustibili fossili, e in più pericoloso per il rischio di perdite. Il 12 maggio nella città romagnola è prevista una manifestazione di Fridays For Future contro la CCS, in concomitanza con l’assemblea di Eni.
Entrerà in funzione nel 2025 l’impianto di stoccaggio della CO2 nella baia di Liverpool, in Gran Bretagna, che vede l’Eni come capofila. L’impianto CCS (Carbon Capture and Storage) servirà a decarbonizzare le produzioni delle industrie del distretto locale di HyNet. La CO2 prodotta dalle lavorazioni di acciaierie, cementifici, raffinerie, cartiere e fabbriche di fertilizzanti sarà catturata negli stabilimenti, trasportata con una condotta e iniettata in giacimenti offshore esauriti al largo di Liverpool.
Il progetto viene realizzato e sarà gestito da un consorzio formato dalle aziende di Liverpool e dall’Eni. Le prime dovaranno catturare la CO2, l’impresa italiana si occuperà del trasporto e dello stoccaggio sottoterra. L’impianto potrà stoccare all’inizio 3 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, ampliabili fino a 10. La capacità del giacimento è stimata in 195 milioni di tonnellate.
Il progetto sarà finanziato per metà dallo stato britannico. A marzo è stato assegnato un fondo di 33 milioni di sterline. Sarà uno dei 7 impianti di CCS che la Gran Bretagna vuole realizzare nei prossimi anni: il governo di Londra per questi ha stanziato complessivamente 1 miliardo di sterline.