“Dobbiamo mettere le mani pesantemente sulle procedure per autorizzare le opere. Io spero che il Recovery sia un’occasione per metterle in maniera duratura, e non specificatamente solo per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Operare sempre sull’emergenza non aiuta. Sarebbe ideale approfittare di questa situazione per fare cambiamenti durevoli“. Lo ha detto il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenendo alla presentazione delle proposte di Legambiente per il Recovery Plan.
“Se guardo agli ultimi anni, siamo riusciti ad installare il 10% di quello che era programmato – ha proseguito il ministro –.Siamo tutti d’accordo che questo sia patologico, ma nel caso del Recovery Plan è anche suicida. Il Recovery ha una durata specifica, e la peggior sconfitta sarebbe quella di dover tornare dall’Europa e dire ‘scusate non siamo stati in grado di investire quanto abbiamo concordato“.
Le semplificazioni per Cingolani devono riguardare “tutta la catena del permit, quella filiera di procedure per autorizzare un impianto. E’ un imbuto, un problema serio. Se la catena dei permessi rallenta troppo, perdiamo anche gli imprenditori, che a quel punto vanno ad investire altrove, come è successo. Per i grandi acquisti poi c’è un problema di codice appalti“.
Il ministro ha spiegato che sulle grandi opere “bisogna potenziare la consultazione” con gli abitanti dei territori, ma occorre “fare in modo che i patti siano chiari, i tempi siano definiti, che poi non ci sia la solita catena per cui si ricorre a questo o a quel Tribunale amministrativo. Ci vuole un patto fra tutti“. Per Cingolani le consultazioni popolari devono essere associate a “un’opportuna opera di divulgazione. Alcune cose vanno spiegate meglio, per far capire prima di una consultazione che c’è un compromesso fra installare qualcosa e decarbonizzare“.