Il clima e l’economia, i due elementi che intrecciandosi tra loro – con l’arricchimento di politiche sociali, nuove tecnologie e cooperazione – compongono la base dello sviluppo sostenibile. Qui dentro, in questo spazio composto dalle due sfide principali per il Pianeta alle prese con le ferite da Covid-19, trovano posto le promesse della transizione ecologica; quelle che il ministro Roberto Cingolani dovrà cercare di mantenere e portare avanti nel delicato frangente storico della ricostruzione del Paese, in chiave di Next Generation EU.
La lista sul tavolo del nuovo ministero dell’Ambiente, vestito con gli abiti della Transizione ecologica è lunga. In cima, alcune priorità: aggiornamento del Piano energia e clima ai nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni (il 55% al 2030) posti dall’Europa; taglio – che potrà e dovrà essere graduale – dei sussidi ambientalmente dannosi (cioè quei circa 19 miliardi che ogni anno vengono dati a attività inquinanti basate sui fossili); Piano per i trasporti e la mobilità sostenibile, puntando su elettrificazione dei mezzi e delle infrastrutture; accelerazione su energie rinnovabili; cooperazione internazionale, su cui proprio quest’anno l’Italia avrà un ruolo fondamentale a cominciare dalla presidenza del G20 – che non può non avere al centro della discussone gli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite – e la co-presidenza insieme con il Regno Unito della ventiseiesima Conferenza delle parti sui cambiamenti climatici, la Cop26. “La correlazione tra un Pianeta in salute e una società giusta – ha avuto modo di dire Cingolani – è il vero obiettivo della transizione ecologica. La sostenibilità è un concetto di compromesso tra diverse istanze. I problemi sono tutti interconnessi”. Lui, nel suo diario personale, ne annota alcuni, poi avanza una proposta di Piano di lavoro: “avremo molto da costruire. Mi sono dato qualche mese per creare un documento di visione che rimanga per le future scelte”.
In particolare la questione clima si porta dietro un pezzo di credibilità internazionale: a cominciare dal rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, per passare poi all’ambizione del pacchetto del Green deal europeo. Il capitolo economia circolare, il nuovo modello – non più lineare come abbiamo imparato a vederlo nel corso del ‘900 – che non solo ‘salva’ le risorse ma anzi le reinserisce nel sistema produttivo, a cui serve la definizione di un perimetro legislativo certo (ci sono da completare i decreti ‘end of waste’) per consentire alle imprese di lavorare seguendo i principi del ciclo integrato dei rifiuti. “Serve velocità e attenzione, perché la transizione ecologica è anche una rivoluzione sociale – osserva la deputata ecologista Rossella Muroni – abbiamo bisogno di un aggiornamento del Piano energia e clima. Fondamentale sarà anche plasmare l’intero campo delle politiche economiche, sociali, lavorative sulla base delle indicazioni contenute nel Green deal europeo.” La partita del Next Generation EU sarà dirimente: basti pensare che il 37% dei 209 miliardi in arrivo dall’Europa andranno a finire proprio nell’appena confezionato nuovo ministero. “E’ necessario – afferma il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Edo Ronchi – in coerenza con il nuovo nome del ministero, avviare al più presto un programma per la transizione ecologica. Sono poi necessari investimenti”.
Non finisce qui. Il piatto del ministero è ricco: il Piano delle aree per le trivelle (promesso per settembre, in sede di approvazione del Milleproroghe), la questione della riconversione industriale – per risolvere la lotta intestina tra ambiente, salute e lavoro – a cominciare da quella ancora non risolta dell’Ilva. Il pacchetto delle procedure di Valutazione ambientale per le opere merita un approfondimento: semplificazioni, velocità e attenzione alle procedure, controlli omogenei sul territorio nazionale. Sarà importante avviare un percorso per una legge concreta sul dibattito pubblico; di cui si avverte il bisogno da tempo ma che diventerà necessaria con l’avvicinarsi della definizione della Carta delle aree idonee per ospitare il deposito nucleare dei rifiuti radioattivi. E ancora il tema della formazione ‘verde’ della P.a., un piano per le città, la lotta al dissesto idrogeologico, la depurazione.
Infine, la transizione ecologica sarà attesa alla prova più importante: ricoprire il ruolo di filtro normativo, naturalmente per le politiche di competenza ma anche e soprattutto per le leggi economiche di qui a venire. A cominciare dalla prossima Legge di Bilancio.