Non sono soltanto auto, camion, navi e aerei a immettere gas effetto serra nell’atmosfera. E nemmeno gli allevamenti intensivi di bestiame che sono sotto accusa come principali cause dell’aumento della CO2, Italia compresa. Un recentissimo studio della Purdue University, della Yale University e dei ricercatori del Massachusetts Institute of Technology – pubblicato sulla rivista Resources, Conservation & Recycling – ha sottolineato che, mentre le emissioni globali di carbonio durante la pandemia sono diminuite nel 2020, il passaggio alle riunioni in remoto e all’intrattenimento in streaming potrebbe comportare un vero ribaltamento dei rischi in futuro. Un’ora di videoconferenza (energia utilizzata e riscaldamento dei server), comporta per utente emissioni di CO2 che possono arrivare a 1.000 grammi, cioè un ottavo circa di quanto esce dal tubo d scarico di un’auto media a benzina che viaggia per un’ora a velocità ‘codice’ (circa 8.887 grammi).
Inoltre richiede il consumo da 2 a 12 litri di acqua e necessita per essere compensata a livello di impronta di una superficie di terra paragonabile all’area di un iPad Mini, una quantità che la ricerca ha descritto come ‘significativa’. Come avviene per le auto, anche per l’utilizzo dei dati e di internet ci sono soluzioni tecniche e accorgimenti da adottare che possono ridurre la CO2. Nel caso di Zoom o di altre applicazioni per videoconference, il semplice spegnimento della fotocamera può ridurre i costi ‘ambientali’ del 96%. Allo stesso modo, lo streaming di contenuti in definizione standard anziché in HD riduce fino al’86% dell’impronta di carbonio.