Con il sì di Mario Draghi mercoledì a un Ministero per la Transizione ecologica, l’ambiente diventa più centrale. L’ipotesi di un accorpamento del relativo ministero con lo Sviluppo economico è l’ipotesi che sembra delinearsi: comporterebbe una ridefinizione di poltrone, competenze e priorità, spostamento di dirigenti, riassegnazione di fondi.
Per l’Italia, la svolta nella trattativa fra il premier e le rivendicazioni dei 5 Stelle colmerebbe il gap sulle politiche ambientali che la separa dai Paesi europei più avanzati. Se una delle ipotesi era un semplice potenziamento del Ministero dell’Ambiente, mettendolo in primo piano nella gestione dei fondi del Recovery Fund con nuove competenze ad esempio nell’energia a una maggiore assegnazione di fondi, le parole di Luigi Di Maio sembrano aprire ad uno scenario più ambizioso: “Il progetto – ha poi dichiarato su Facebook il ministro degli Esteri uscente – punta infatti a sostenere l’ambiente, come il M5S ha sempre fatto, e ad integrare la difesa della nostra terra con le opportunità di sviluppo e di crescita economica“.
Una soluzione che avvicinerebbe l’Italia al modello europeo: in Francia il ministero delle Transizione ecologica accorpa Trasporti e Infrastrutture e la casella-chiave dell’energia, ed è nella cabina di regìa che gestisce e decide sul recovery assieme al presidente Macron e al ministro dell’Economia Bruno Le Maire.
In Spagna lo stesso ministero fa le politiche energetiche. In Svizzera, esiste un unico ‘Dipartimento federale federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni’ che accorpa, appunto, ambiente, Sviluppo economico, trasporti. Soluzioni ariche di ripercussioni politiche in Italia, dove spostare competenze e poteri al Mit, o al Mise, è una piccola rivoluzione.
Proprio sugli stanziamenti per la conversione green, l’Europa vuole che i 209 miliardi siano utilizzati per una vera e propria svolta.
Draghi – riferisce chi era presente ai colloqui – ha avuto un approccio completamente nuovo sul tema ambientale, normalmente snobbato rispetto ai grandi ‘giochi’ della politica quando si tratta di stabilire nomine e stanziare fondi.
“Un approccio in tutt’altra direzione”; ha spiegato Ivan Novelli, presidente di Greenpeace Italia. L’ex presidente della Bce sa bene che l’Europa – per dirla con Christine Lagarde che gli è succeduta all’Eurotower – sulla transizione green “fa sul serio” e non si accontenterà di una spruzzata di verde per dare l’ok a un progetto. Persino la Bce ha dato una svolta ambientalista al modo in cui conduce politica monetaria.