Nel 2019 i combustibili fossili rappresentavano il 71% dell’energia lorda disponibile nell’Unione europea 27, in diminuzione di 10,9 punti rispetto al 1990. Il calo, dice Eurostat, è dovuto principalmente all’incremento delle energie rinnovabili.
In termini di quota di combustibili fossili sul volume di energia disponibile in tutti i Paesi europei, Malta è al primo posto con il 97%, seguita da Cipro e Paesi Bassi con il 92%, quindi la Polonia con il 90% e l’Irlanda con l’89%. La media dell’Ue è del 71%. L’Italia si trova stabilmente nel gruppo di testa, al nono posto, con il 79% di quota.
I Paesi più virtuosi, invece, sono nel Nord Europa. L’Islanda è la nazione con il più basso livello di utilizzo di combustibili fossili in termini di energia lorda disponibile, con il 16%. Seguono la Svezia con il 32%, la Finlandia con il 43%, la Francia con il 50%. Molto peggio la Norvegia, con una quota di combustibili fossili del 52%, e la Danimarca, con il 64%. Negli ultimi due anni, solo la Lituania ha visto aumentare questa quota del +10%, contro Austria e Lettonia che l’hanno seguita con un timido +1/+2%. L’Estonia ha visto invece una riduzione dell’impiego di combustibili fossili del -12% e la Slovacchia del -4%, seguite da Belgio e Danimarca con -3%.