C’è chi è irremovibile come le Regioni, che respingono anche solo l’idea che sul proprio territorio possa essere costruito il deposito nazionale dove stoccare rifiuti radioattivi di bassa e media intensità, e c’è chi come Forza Italia chiede di allungare da due ad almeno sei mesi il tempo concesso ai territori “papabili” per la costruzione del deposito per tutte osservazioni e i chiarimenti necessari. La legge del 2010, però, è chiara e concede 60 giorni, ma un emendamento che potesse allungare i tempi di confronto sarebbe visto di buon occhio dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5S).
Anzi, dice Costa in sede di replica in una audizione parlamentare, “appoggerei l’emendamento“. Del resto, con il via libera dato assieme al collega dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) – 67 siti in sette regioni – ad ospitare il deposito, Costa ha chiarito di non aver fatto “null’altro che applicare e desecretare qualcosa previsto da una legge del 2010, è un fatto meramente tecnico“. Per chiarire ogni dubbio, il ministro sarà presto in una audizione ad hoc.
Tuttavia, la polemica si è ormai riaccesa su un argomento tanto sensibile, e anche se la procedura prima della scelta finale andrà avanti per almeno tre anni e mezzo (fra consultazioni, osservazioni, un Seminario nazionale, scrematura dei siti e riscrittura della Carta ed eventuali autocandidature), le sette regioni hanno alzato le barricate.
Anche nella vicina Francia, dove si convive con le centrali nucleari, cominciò così, ma poi si arrivò all’autocandidatura. Le comunità della pregiata regione Champagne-Ardenne ci hanno guadagnato e si sono autocandidate per un ulteriore deposito. La Sardegna ha ribadito di aver “già detto ‘no’ al deposito nucleare con un referendum nel 2011” e tante altre volte ancora.
La Regione Siciliana ha approvato una delibera reputando “assolutamente non idonei” i quattro siti individuati sull’isola, e ha costituito un gruppo di lavoro per le controdeduzioni. Il Consiglio regionale della Puglia ha approvato una mozione che “impegna la Giunta“, anche con le regioni confinanti, a partire dalla Basilicata con cui si è alleata (anch’essa inclusa nella Cnapi con sette aree), a “far desistere il Governo nazionale da ogni possibilità di costruire il deposito sul proprio territorio“.