L’Italia continuerà a usare troppo gas per produrre energia elettrica, tanto da essere uno dei sette Paesi europei – gli altri sono: Belgio, Bulgaria, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania – che stanno rallentando la transizione verso le fonti rinnovabili.

Questa la conclusione di Ember, think-tank basato a Londra specializzato negli studi sull’evoluzione del settore energetico, nell’ambito del suo rapporto Vision or division?, dove ha analizzato i Piani nazionali per l’energia e il clima (Pniec) dei diversi Stati membri Ue.

In particolare, le nuove proiezioni dell’Energy & Strategy Group del Politecnico milanese mostrano che il mix elettrico italiano, nello scenario “tendenziale”, rischia di essere lontanissimo dal raggiungere gli obiettivi per le rinnovabili nel 2030.

Se non ci sarà una forte accelerata degli investimenti in nuovi impianti eolici e fotovoltaici, tra dieci anni mancheranno all’appello 27 GW di potenza installata nelle tecnologie pulite, rispetto al traguardo fissato dal Pniec che diventano 47 GW contando il maggiore impegno richiesto dal prossimo innalzamento degli obiettivi Ue su energia e clima (si punta a ridurre le emissioni di CO2 del 55-60% nel 2030 rispetto ai livelli del 1990, mentre l’obiettivo attuale è fermo a una riduzione del 40%).

L’Italia, nel 2030, sarà responsabile di circa il 10% delle emissioni totali del settore elettrico europeo, al terzo posto dietro Germania e Polonia con rispettivamente il 30% e 22% per via del loro ampio uso di carbone. La Germania, infatti, intende uscire dal carbone entro il 2038 mentre la Polonia non ha alcun piano per eliminare questa fonte fossile.

Scrive Ember che tra il 2018 e il 2025, l’Italia sta pianificando la più grande espansione dell’impiego di gas fossile nel settore elettrico all’interno dell’Ue, principalmente guidata dal passaggio da carbone a gas. Al contempo, spiega Ember, la prevista diffusione dell’elettricità da fonti rinnovabili in Italia al 2030 è inferiore alla media dell’Ue-27.

Quindi un vuoto enorme di potenza installata nelle rinnovabili e un eccessivo utilizzo di gas fossile nel mix di generazione elettrica. L’Italia nel 2030 sarà uno dei Paesi Ue più dipendenti dai combustibili fossili nella produzione di energia elettrica, con il 40% (ma 60% nel 2018), contro una media europea del 25% grazie anche al consistente apporto del nucleare, che permette di abbassare così tanto la quota fossile a livello continentale.

Più in dettaglio, il governo italiano intende incrementare la quota di elettricità generata con il gas fino al 2025, per poi scendere negli anni successivi grazie a un maggiore impiego di fonti rinnovabili.

Interessante notare che nel 2030 il peso complessivo del gas in Europa sarà leggermente superiore a quello registrato nel 2018, con 513 TWh di generazione elettrica (491 TWh nel 2018).

E proprio l’Italia, con Germania, Belgio e Spagna, sarà tra i maggiori responsabili di questa gas-dipendenza, a causa della scelta di sostituire una fonte fossile (il carbone) con un’altra fonte fossile seppur meno inquinante (il gas), anziché investire più massicciamente nelle energie rinnovabili.

In tema di rinnovabili, Ember fa notare che, stando al Pniec, nel 2030 la quota del consumo di elettricità rinnovabile in Italia (55% circa) sarà leggermente inferiore alla media Ue (60%).

Guardando, infine, la composizione del mix elettrico in termini di produzione lorda, il nostro Paese sarà avanti rispetto alla media europea per quanto riguarda le fonti “verdi”, con il 60% di rinnovabili e il restante 40% di gas con una minima parte di “altri combustibili fossili”.