Arriva l’impietosa analisi dei mercati europei dell’elettricità e del gas durante il periodo di punta della pandemia di Coronavirus. La Commissione Ue ha pubblicato infatti i consueti rapporti trimestrali riferiti al periodo aprile-giugno (disponibili in allegato), che mostrano “un impatto senza precedenti sul mercato energetico”.
Secondo Bruxelles, nel secondo trimestre le misure di lockdown hanno provocato una riduzione dei consumi di elettricità e gas della Ue dell’11 e 10% rispettivamente nei confronti dello stesso periodo del 2019, a fronte di una contrazione del Pil del 14%. Al contempo, i minori consumi e l’aumento della generazione solare hanno contribuito a portare le fonti rinnovabili al record del 43% del mix energetico Ue.
In dettaglio, il rapporto sul mercato elettrico mostra uno shock di domanda in tutte le principali economie europee, con Spagna e Italia (entrambe -14%) le più colpite e poco al di sotto di Francia (-13%) e Germania (-11%). La contrazione ha comunque riguardato tutti gli Stati membri, con il calo maggiore a Cipro (-17%) e il minore in Svezia (-1%).
Di pari passo sono crollati di una percentuale compresa tra il 30 e il 50% i prezzi elettrici all’ingrosso, scesi a livelli mai visti da oltre un decennio. I prezzi medi mensili italiani baseload hanno toccato il fondo a maggio con 22 €/MWh, il livello più basso dal 2004.
I combustibili fossili sono stati i principali perdenti. Nei tre mesi la generazione da carbone è diminuita del 34% (-32 TWh) e anche il gas – nonostante lo switch dai combustibili solidi – ha subito una perdita quantificata in -13 TWh. Analogamente, la produzione nucleare si è contratta del 17% (-30 TWh). Viceversa, grazie soprattutto alla ripresa della produzione idroelettrica e all’exploit del solare (arrivata a rappresentare il 9% del mix Ue), le rinnovabili hanno generato 11 TWh in più rispetto a un anno prima.
Il passaggio dai combustibili fossili alle Fer si è tradotto in una riduzione del 25% delle emissioni di CO2 della generazione elettrica Ue.
La pandemia, sottolinea il rapporto, ha posto “impegnative sfide ai Tso”, che hanno dovuto gestire maggiori volumi di energia da Fer in un ambiente a bassa domanda con un numero inferiore di centrali termoelettriche attive a cui rivolgersi per la stabilità della rete. Nel complesso, la Commissione rileva che “le reti hanno affrontato bene la situazione e hanno dimostrato la capacità di gestire alti livelli di penetrazione delle Fer, che a volte hanno superato il 60% in Italia, il 70% in Spagna e si sono avvicinate all’80% in Germania”. Tuttavia, l’elevata presenza di prezzi negativi, triplicati rispetto al secondo trimestre 2019, ha accentuato la necessità di accrescere lo storage e la flessibilità del sistema e di elaborare meccanismi di mercato che attribuiscano il giusto valore a questi strumenti.
Venendo al rapporto sul mercato del gas, viene evidenziato il maggiore impatto diretto e indiretto della pandemia proprio in Italia, dove i consumi sono scesi del 21%. Negli altri Stati Ue le variazione dei consumi di gas sono state comprese tra il -20% e il +10% (7 Paesi hanno mostrato una crescita).
Nel secondo trimestre la domanda di gas è risultata in calo non solo nell’industria, ma anche nella produzione elettrica (in Italia la generazione a gas è diminuita del 20%), giacché l’abbondanza di produzione da Fer ha sfavorito il gas nonostante prezzi all’ingrosso in forte calo: -50-60% nel confronto anno su anno. Alla fine di maggio, il prezzo spot del gas al Ttf ha toccato il minimo storico a 3,5 €/MWh.
In un contesto di bassa domanda, il prezzo al dettaglio per un cliente industriale medio segnava nel trimestre un calo dell’11% nei confronti di un anno prima.
In deciso incremento nel periodo i volumi di gas scambiati presso i principali hub europei: +17% al Ttf olandese, +15% al belga Zeebrugge, +5% al nostro Psv, +4% ai tedeschi Gaspool e Ngc, +1% al francese Trf. Ma il primato è stato dell’austriaco Vtp con un balzo del 33%.
La Commissione si sofferma infine sulla produzione interna di gas della Ue, ridottasi nel secondo trimestre del 14% a 15 mld mc. La classifica dei Paesi produttori vede sempre in testa l’Olanda con 6,8 mld mc, seguita dalla Romania (2 mld mc) e dalla Germania (1,3 mld mc), ormai davanti all’Italia che ha prodotto appena 1 mld mc.