Di acqua dolce estratta dal mare ce ne sarà sempre più bisogno, tant’è che il Global Water Intelligence di Oxford valuta che entro il 2025 il valore complessivo di mercato della desalinizzazione si aggirerà attorno ai 12 miliardi di dollari. Un balzo dell’11% rispetto al valore attuale.
Ma la tecnologia per la desalinizzazione si scontra ancora con molti limiti, spesso tecnici, da superare. Come la cristallizzazione delle particelle di sale che va a intasare i dispositivi di desalinizzazione, riducendone le prestazioni nel tempo.
Al Politecnico di Torino c’è chi sta lavorando a una soluzione basata su parametri Green, alimentata dall’energia del sole con il risultato di poter ottenere acqua distillata rimuovendo spontaneamente il sale accumulato durante il funzionamento.
Il segreto starebbe nel cosiddetto effetto Marangoni. Basta avere in mano un bicchiere di vino per capire di cosa si tratta: shakerando il bicchiere si noteranno le cosiddette “lacrime di vino” che scivolano sulla parete.«Ciò è dovuto a una variazione di concentrazione nel liquido», spiega Matteo Morciano, ricercatore del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino e primo autore della ricerca Marciano (assieme a lui anche Matteo Fasano, Eliodoro Chiavazzo e Pietro Asinari).
«Il nostro team, collaborando con il Mit di Boston, – prosegue – ha messo a punto un prototipo in grado di dissalare l’acqua di mare rimuovendo spontaneamente il sale accumulato durante il funzionamento. Utilizzando appunto l’effetto Marangoni, che può essere ingegnerizzato e sfruttato per incrementare il rimescolamento di soluzioni con concentrazioni diverse. Nel nostro dissalatore (dove le soluzioni trattate sono basate su acqua marina a diverse concentrazioni) questo fenomeno permette di evitare l’accumulo di sale nel dispositivo».
Il prototipo del Politecnico di Torino nella versione attuale e considerando una superficie per l’assorbimento di energia solare di circa un metro quadro, «è in grado di fornire più di 15 litri di acqua al giorno – spiega Matteo Fasano -. Ma, soprattutto grazie all’effetto Marangoni, il processo di rimozione del sale risulterebbe essere fino a 100 volte più veloce rispetto alle predizioni basate sulla diffusione spontanea».
Acqua potabile da una parte e sale grosso dall’altra: la letteratura dice che l’acqua di mare contiene 35 grammi di sale per litro di soluzione. Questo significa che per ottenere 15 litri di acqua potabile è necessario trattare circa 15,5 litri di acqua marina rimuovendo quindi circa 544 grammi di sale.
«La tecnologia convenzionale di punta, ossia a osmosi inversa, – aggiunge Fasano -produce acqua a un costo di 0.45 – 1.72 dollari al metro cubo. La stessa tecnologia, alimentata da fonti rinnovabili tramite pannelli fotovoltaici, produce acqua a un costo compreso tra i 10 e i 15 dollari al metro cubo. Nel caso del prototipo da noi ideato e considerando la produttività prevista in caso di una configurazione a 10 stadi e una vita utile di due anni, il costo totale stimato dell’acqua prodotta è di circa 12 dollari al metro cubo, non lontano quindi da quello di tecnologie di desalinizzazione attive, ottimizzate e commerciali».
A livello di impianto «la migliore tecnologia esistente, ossia quella basata sul fenomeno di osmosi inversa, richiede circa 4 kWh di elettricità per ogni metro cubo di acqua distillata – aggiunge il ricercatore -. La versione ottimizzata della nostra tecnologia richiede invece fino a 50 volte questo valore (circa 200 kWh per ogni metro cubo di acqua distillata). Tuttavia, occorre sottolineare che la nostra tecnologia non utilizza energia elettrica bensì energia solare o fonti termiche di scarto (che tipicamente hanno costo nullo). Inoltre, la qualità dell’acqua è migliore di quella che si ottiene tramite un processo di osmosi inversa».