Anie Rinnovabili ha recentemente sollevato diversi dubbi sulle nuove norme contenute all’interno del decreto Semplificazioni. Secondo il presidente Pinori, infatti, “occorre pragmatismo ed acquisire coscienza delle reali necessità del paese sintetizzabili in: transizione energetica e ripresa economica. Col decreto Semplificazioni qualche piccolo passo in avanti è stato fatto, ma si poteva e doveva fare di più”.
Per Anie la semplificazione si sarebbe dovuta concentrare maggiormente su una revisione delle linee guida di inserimento degli impianti a fonte rinnovabile di grande taglia nel rispetto della tutela paesaggio, per consentire la realizzazione di una quota degli impianti utility, compresi quelli a terra, senza dei quali difficilmente si raggiungeranno gli obiettivi del PNIEC.
Il PNIEC dell’Italia ha definito l’obiettivo al 2030 di soddisfare il fabbisogno energetico mediante una quota da fonte rinnovabile pari al 30%, prevedendo che la quasi totalità del contributo delle fonti rinnovabili elettriche provenga da fotovoltaico ed eolico rispettivamente con 30 GW e 10 GW di ulteriore nuova potenza nei prossimi 10 anni. È evidente la necessità di cambiare il ritmo di sviluppo di queste due tecnologie, che dovranno passare da 0,5 GW/anno (media del quadriennio 2016-2019, costituiti prevalentemente da impianti di piccola/media taglia) a 3 GW/anno di nuovi impianti per il fotovoltaico nella prossima decade e da 0,4 GW/anno (media del quadriennio 2016-2019) a 1 GW/anno per l’eolico.
Purtroppo, secondo ANIE Rinnovabili, le semplificazioni adottate non saranno in grado di sostenere questa crescita, che dovrà essere ancor più sostenuta in virtù dei nuovi obiettivi europei di decarbonizzazione annunciati dalla Commissione Europea nei giorni scorsi per arginare gli effetti del cambiamento climatico. La Commissione Europea ha deciso di innalzare l’obiettivo al 2030 delle fonti rinnovabili dall’attuale 32% ad un valore compreso tra il 38 e il 40%.
Sull’aspetto economico, precisa Anie, se molte misure sono di supporto al tessuto imprenditoriale italiano, col decreto Semplificazioni il Governo avrebbe potuto e dovuto introdurre misure a costo nullo per lo Stato, tra cui misure volte a semplificare gli iter autorizzativi degli impianti utility scale. Sia nel comparto fotovoltaico sia in misura minore in quello eolico questi impianti di grande taglia possono essere sviluppati in market parity, cioè senza l’ausilio di alcun supporto economico (né contributi né incentivi) e con l’impiego delle soluzioni tecnologiche più innovative necessarie per la modernizzazione del parco di generazione elettrica, ha aggiunto l’associazione. Vi sono oggi un numero consistente di imprese operanti in Italia con programmi di investimento in impianti utility scale per un valore tra i 13 ed i 20 miliardi di euro per realizzare tra i 15 ed i 20 GW fotovoltaici e per un valore tra i 10 ed i 16 miliardi di euro per realizzare tra i 7 ed 9 GW eolici entro il 2030. E tutto questo senza alcun aiuto economico, ma semplicemente semplificando i procedimenti autorizzativi e laddove possibile accorciandone le tempistiche.
Il settore delle rinnovabili “è in grado di stimolare e sostenere la creazione di occupazione con un profilo professionale innovativo per uno sviluppo sostenibile e sociale, creando nuove opportunità professionali e ricchezza per le economie locali, in particolar modo quelle delle aree più disagiate del Sud Italia“.
Per il solo comparto fotovoltaico un recente studio condotto da PwC Strategy prevede che, nell’arco dei prossimi 10 anni, la progettazione, costruzione ed installazione attiverà un’occupazione temporanea media corrispondente a circa 135.000 unità di lavoro annue (ULA) dirette ed indirette. La gestione delle infrastrutture energetiche nella fase di esercizio, attiverà in media oltre 25.000 unità lavorative annue (equivalenti a tempo pieno); oltre 40.000 ULA dopo il 2030 per tutta la durata della vita utile degli impianti. I livelli di occupazione così previsti contribuiranno, secondo le proiezioni di Eurofound, all’aumento del PIL nazionale per lo 0,5%, nettamente in linea con la media europea.
Secondo Anie Rinnovabili, si registra qualche passo in avanti, come ad esempio, sulle semplificazioni autorizzative per gli interventi non sostanziali e sul fronte storage con gli indirizzi dell’iter autorizzativo per installare sistemi di accumulo, sia stand alone che combinato con impianti di produzione da fonte rinnovabile. Però, il Decreto Semplificazioni non interviene efficacemente nella semplificazione proprio di quelle norme che, tra le altre, avrebbero dovuto aumentare la produzione di energia da fonte rinnovabile agevolando e semplificando gli iter autorizzativi per la realizzazione di nuovi impianti, la maggior parte dei quali sono a VIA non statale. Il Decreto, invece, in taluni passaggi sembra favorire un’economia più tradizionale anziché la visione di un vero Green Recovery, laddove prevede la riduzione dei vincoli autorizzativi per la costruzione di nuovi oleodotti nonché la riduzione delle royalties sulle trivellazioni a terra. Occorre inoltre affrontare l’annosa questione della complessità e disomogeneità delle norme autorizzative. Una volontà che ANIE Rinnovabili aveva sostenuto in diverse occasioni di confronto con il governo. Tuttavia, non è stato possibile avviare un confronto strutturato e approfondito sui contenuti. Dalla mancanza di un dibattito tra proposte del governo ed esigenze delle imprese è derivato un dialogo sterile ed ideologico, all’interno del quale non è stato possibile entrare nel merito delle istanze avanzate dalle aziende del comparto anche a causa delle tempistiche accelerate del dibattito politico che non hanno permesso la giusta attenzione e l’approfondimento che invece si sarebbero dovuti dedicare al rilancio dell’economia in chiave green.
Avendo il governo introdotte misure molto positive per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di taglia medio/piccola (superbonus 110%, autoconsumo collettivo ed energy community, DM 4 luglio 2019), il tema della semplificazione si sarebbe dovuto concentrare maggiormente su una revisione delle “linee guida di inserimento degli impianti a fonte rinnovabile di grande taglia nel rispetto della tutela paesaggio”, per consentire la realizzazione di una quota degli impianti utility, compresi quelli a terra, senza dei quali difficilmente si raggiungeranno gli obiettivi del PNIEC, ha evidenziato l’associzione. Inoltre il decreto avrebbe dovuto focalizzarsi nell’individuare criteri per facilitare la concertazione e la sinergia della pletora di enti preposti al rilascio del titolo autorizzativo o al suo diniego nel rispetto delle tempistiche dei procedimenti previste dalla norma.
Anie Rinnovabili ritiene che “si sia in ritardo e che la situazione non potrà che peggiorare ulteriormente a causa della pandemia del coronavirus. Per queste ragioni, l’Associazione chiede al governo di spingere sull’acceleratore nel definire le policy di sviluppo delle fonti rinnovabili e di dare stabilità normativa mediante una programmazione pluriennale e auspica un dialogo sempre più diretto in previsione dei prossimi appuntamenti legislativi con il Governo ed i Ministeri di riferimento per introdurre in maniera tempestiva e condivisa le misure che tutto il settore aspetta da anni”.
L’Associazione “nutre forti timori che anche l’attività legislativa (emanazione del Disegno di Legge di Delegazione Europea, il Decreto Legislativo di recepimento della direttiva europea delle fonti rinnovabili, la determinazione del burden sharing, le notifiche alla Commissione Europea, le revisioni del PNIEC, etc) possa determinare un forte rallentamento del mercato, considerando ad esempio che il DM FER 1 ha avuto tre anni di gestazione e che il DM che deve definire gli interventi sostanziali è atteso dal lontano 2011”.