L’idrogeno, una risorsa strategica per l‘Italia, che può aspirare a diventare un hub infrastrutturale nel Mediterraneo, un ponte fra il Nord Africa e l’Europa continentale. Lo sfruttamento delle più moderne tecnologie di produzione di idrogeno garantirà all’Italia un recupero di competitività ed un balzo in avanti negli obiettivi di decarbonizzazione, garantendo benefici in termini di PIL, produzione e posti di lavoro.
E’ quanto emerge dallo studio H2 Italy 2050: una filiera nazionale dell’idrogeno per la crescita e la decarbonizzazione dell’Italia, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Snam. La ricerca è stata presentata oggi al Forum Ambrisetti di Cernobbio da Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti, Marco Alverà, Amministratore Delegato di Snam, ed Esko Aho, esperto di innovazione ed ex primo ministro della Finlandia.
“L’idrogeno può essere il migliore alleato dell’elettricità rinnovabile per consentire all’Italia di essere protagonista nella lotta globale ai cambiamenti climatici e al tempo stesso di promuovere nuove opportunità di sviluppo e occupazione”, ha affermato Marco Alverà, Amministratore Delegato di Snam, sottolineando che “nel 2000 il prezzo dell’idrogeno da rinnovabili era quaranta volte superiore a quello del petrolio, oggi stimiamo che potrà diventare competitivo con alcuni combustibili attuali nel giro di cinque anni e soddisfare circa un quarto della domanda di energia in Italia al 2050”.
“È indubbio che la transizione energetica sia un percorso che tutti gli Stati europei devono perseguire con rigore e costanza per poter combattere il cambiamento climatico e lasciare in eredità alle prossime generazioni un mondo libero dalle fonti fossili”, dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti, affermando che “i risultati dell’analisi mettono in evidenza un posizionamento altamente competitivo dell’Italia nella produzione di alcune tecnologie chiave dell’idrogeno (ad esempio, quelle per la produzione di idrogeno rinnovabile, quelle meccaniche e quelle termiche), in grado di abilitare importanti impatti in termini di produzione industriale e nuova occupazione”.
La ricerca, in un contesto di crescente interesse per l’idrogeno in Europa dopo la presentazione della Hydrogen Strategy della Commissione Ue lo scorso 8 luglio, esamina il contributo di questo vettore energetico al processo di transizione energetica e stima gli impatti economici, sociali e ambientali attivabili in Italia da un suo sviluppo al 2050.
Si stima al 2050 una penetrazione potenziale del 23% dell’idrogeno nei consumi finali, che può permettere untaglio nelle emissioni di C02 del 28% rispetto all’anno base 2018.
Un contributo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici, poiché l’idrogeno potrà accelerare, in maniera complementare con altre tecnologie, i processi di decarbonizzazione, soprattutto nei settori che ancora oggi contribuiscono maggiormente alle emissioni climalteranti, dall’industria pesante (es. industria chimica e siderurgica) al trasporto pesante e a lunga percorrenza (es. veicoli commerciali pesanti e bus), dal trasporto ferroviario non elettrificato fino al residenziale, per il quale vengono esaminati vari tipi di impieghi in particolare nel riscaldamento.
Grazie al maggior impiego negli usi finali, l’industria dell’idrogeno e le filiere collegate a monte e a valle potranno ambire a un incremento del valore della produzionecumulato nel periodo 2020-2050 compreso tra 890 e 1.500 miliardi di Euro. L’incremento della produzione permetterà anche di creare un impatto occupazionale importante compreso tra 320.000 e 540.000 posti di lavoro al 2050 considerando effetti diretti, indiretti e indotti sulla catena del valore.
Dal momento che il trasporto, lo stoccaggio e l’utilizzo dell’idrogeno presentano molte sinergie con il settore del gas naturale, l’Italia si trova un passo avanti per assumere un ruolo centrale nello sviluppo dell’idrogeno. La ricerca mette in luce come il Paese, grazie al suo particolare posizionamento geografico e all’estesa rete gas presente sul territorio, possa aspirare al ruolo di hub europeo e del Mediterraneo, importando idrogeno prodotto in Nord Africa attraverso l’energia solare a un costo del 10-15% inferiore rispetto alla produzione domestica.
Il Paese può diventare il “ponte infrastrutturale” tra l’Europa e il continente africano, abilitando quindi una maggiore penetrazione dell’idrogeno anche negli altri Paesi europei. Inoltre, la rete del gas italiana può costituire la base per accogliere sempre maggiori percentuali di idrogeno, attraverso una serie di investimenti mirati che le consentano di fare un salto tecnologico.
Nei diversi scenari di sviluppo ipotizzati, è stato stimato che in Italia si potrebbe attivare un valore della produzionedelle tecnologie afferenti alla filiera dell’idrogeno compreso tra 64 e 111 miliardi di euro al 2050. In termini dicontributo al PIL, è stato stimato un valore aggiunto (diretto, indiretto e indotto) compreso tra 22 e 37 miliardi di Euro al 2050. Notevole anche il contributo all’occupazione, grazie alla creazione di 320-540 mila nuovi posti di lavoro al 2050.
Per valorizzare le molteplici opportunità offerte dall’idrogeno e trarne i massimi benefici, lo studio suggerisce che l’Italia si doti di un piano basato su sei azioni: elaborare una visione e una strategia di lungo termine; creare un ecosistema dell’innovazione e accelerare lo sviluppo di una filiera industriale dedicata attraverso la riconversione dell’industria esistente e l’attrazione di nuovi investimenti; supportare la produzione di idrogeno decarbonizzato su scala nazionale; promuovere un’ampia diffusione dell’idrogeno nei consumi finali; incentivare lo sviluppo di competenze specialistiche sia per le nuove figure professionali sia per accompagnare la transizione di quelle esistenti; sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo dell’impresa sui benefici derivanti dall’impiego di questo vettore.