La giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Energia e servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon, ha approvato una delibera che consentirà di portare avanti centinaia di progetti sulla depurazione che rischiavano di bloccarsi per problemi burocratici e amministrativi.
Si tratta di un problema lamentato da molti sindaci e legato essenzialmente alla mancata transizione dal vecchio al nuovo sistema di gestione del servizio idrico, disattendendo la normativa europea, nazionale e regionale. A essere interessati sono parte delle centinaia di interventi nell’Isola per un valore di oltre un miliardo.
In sostanza è successo che le Ati, le Assemblee territoriali idriche istituite per legge nel 2015 e composte dai sindaci dei Comuni soci, non sono ancora pienamente operative pur avendo il compito per legge di gestire il servizio. Questi enti continuano ad avere una ridotta capacità organizzativa, spesso sono privi di risorse, non hanno la dotazione organica, non formano i bilanci e nemmeno i piani d’ambito per pianificare la gestione.
Per cui molti Comuni continuano con una gestione diretta pur non essendo consentita dalla legge e non riescono a riscuotere le tariffe a copertura dei costi della fornitura idrica e della depurazione. In sei ambiti su 9 (Palermo, Catania, Messina Trapani, Siracusa, Ragusa, cioè l’80 per cento popolazione), l’Ati non ha redatto la pianificazione e non ha individuato il gestore unico.
Nei tre ambiti dove il gestore è stato individuato (Agrigento, Caltanissetta e Enna) permangono molte altre anomalie.
Il risultato è stato la mancanza o la ritardata realizzazione di infrastrutture e di manutenzione nell’Isola con gravi perdite e sprechi. La dispersione è passata dal 36% a oltre il 45 per cento con punte superiori all’80 per cento in alcune zone, e con costi che in media sono tra i più alti d’Italia se si pensa che nell’Isola si paga circa 500 euro per utenza contro la media nazionale di 370 euro.
L’assessorato ha avviato commissariamenti e affiancamenti tecnici per consentire alle Ati la piena operatività.
Nel frattempo però alcuni progetti si sono arenati.
Pur in presenza di risorse e progetti cantierabili, le Ati sono impossibilitate a farsene carico e i sindaci non possono intervenire.
Tra l’altro gli amministratori rischiano oltre al danno la beffa, perché in alcune zone i depuratori sono sequestrati e sono interessati da procedimenti penali e potrebbero pagarne le conseguenze anche dal punto di vista erariale.
Da qui l’intervento del governo regionale per sbloccare le opere.
L’assessore Pierobon ha proposto che l’Ati, dove impossibilitata, possa avvalersi del Comune interessato dall’intervento nei limiti delle forme di legge, anche ricorrendo ad accordi e convenzioni fra pubbliche amministrazioni che definiranno le specifiche modalità attuative.
Devono però sussistere alcune condizioni: che il progetto sia esecutivo, cioè cantierabile, che l’Ati non sia effettivamente in grado di procedere e realizzare questi interventi e lo ha manifestato, che il Comune non faccia resistenza od ostacolo all’Ati che è competente a regolare e individuare il gestore unico idrico, tanto che il Comune ha deliberato cessione allo Ati propria rete idrica. E infine ovviamente che ci siano i soldi utilizzabili.
“A queste condizioni – spiega l’assessore Pierobon – i Comuni e le Ati possono concordare che il Comune sia beneficiario in luogo della Ati e la Regione derogherà alla normativa dando concreta risposta a questi problemi sollevati, responsabilizzando i sindaci alla realizzazione di interventi di adeguamento per porre fine a fenomeni di inquinamento”.