L’Università di Catania, l’Ordine degli Ingegneri di Catania e la
sua Fondazione, l’Associazione nazionale degli ingegneri per
l’Ambiente e il Territorio (AIAT), in collaborazione con AIAT Sicilia
(Gruppo Acque) e con il Gruppo Gestione Impianti Trattamento
Acque in Sicilia attraverso il confronto con alcuni dei principali attori
del mondo del trattamento acque e rifiuti, fanno il punto sullo stato di
criticità nella gestione terminale dei fanghi di depurazione nella
regione Sicilia e sugli sviluppi prospettici che si auspica potranno
portare ad una gestione più sostenibile di questa potenziale risorsa,
nel pieno rispetto del territorio e della salvaguardia della salute.
La problematica del trattamento e smaltimento dei fanghi prodotti dai
processi di depurazione delle acque reflue urbane assume una
crescente importanza sia a livello nazionale che internazionale,
anche in relazione all’attenzione della Commissione Europea sugli
effetti dei microinquinanti organici sugli ecosistemi e sulla salute
dell’uomo. L’attuazione della Direttiva 91/271/CEE, concernente il
trattamento delle acque reflue urbane, recepita in Italia prima dal D.
Lgs. 152/99 e poi dal D. Lgs. 152/06 ha determinato un progressivo
aumento dei quantitativi di fanghi originati dai processi di
depurazione cui non sempre si sono affiancate le necessarie
politiche e conseguenti azioni per la loro gestione sostenibile. Le
modalità di smaltimento/recupero dei fanghi più frequenti sono:
1) l’utilizzazione in agricoltura tal quali o previa produzione di
ammendante compostato con fanghi o gessi di defecazione da
fanghi; 2) l’utilizzazione nella produzione di laterizi; 3) il coincenerimento
in forni di produzione di cemento o in centrali di
produzione di energia; 4) l’incenerimento da soli o congiuntamente
con altre tipologie di rifiuti; 5) lo smaltimento in discarica.
In Sicilia il loro principale destino è lo smaltimento in discarica, che,
in relazione alla normativa tecnica di settore in continua evoluzione,
appare destinata a occupare un ruolo residuale solo nella gestione
di rifiuti a matrice inorganica non più recuperabili. Tale situazione
riflette la tendenza nella UE di spingere verso l’economia circolare e
perciò verso il riciclo di risorse. È quindi indispensabile riconsiderare
con attenzione la filiera del recupero dei fanghi in agricoltura
adottando procedure gestionali volte ad assicurare la segregazione
di eventuali scarichi in fognatura non compatibili, unitamente alla
necessità di garantire il trattamento efficace dei fanghi nell’impianto
di produzione o in centri dedicati.
A livello comunitario l’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura
è regolato dalla Direttiva 86/278/CEE, recepita con il D. Lgs. 27
gennaio 1992, n. 99. Il Decreto in particolare fissa:
i) i valori limite di concentrazione per alcuni metalli pesanti che
devono essere rispettati nei suoli e nei fanghi; ii) le caratteristiche
agronomiche e microbiologiche dei fanghi (i limiti inferiori di
concentrazione di carbonio organico, fosforo e azoto totale, i valori
massimi di salmonella); iii) le quantità massime dei fanghi che
possono essere applicati sui terreni.
È bene ricordare che la disciplina europea e nazionale classifica i
fanghi urbani come rifiuti speciali non pericolosi “assoluti”, ma la
possibilità di un loro recupero in agricoltura può essere condizionata
dalla presenza di scarichi industriali in fognatura e/o dal conferimento
nell’impianto di bottini. A ciò si aggiunge, in Sicilia, la limitata
disponibilità degli impianti di compostaggio a ricevere questa
frazione organica, creando non pochi problemi ai soggetti gestori
della depurazione.
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Brochure Convegno fanghi di depurazione AIAT-OrdineIng-Fondazione-UniCT….